Schede di dettaglio

Acquedotto

 A Est della collina di Corchinas (fig, 1), lungo il limite sud-orientale della sella, sono state individuate le tracce residue dell’acquedotto (fig. 2), che dal periodo romano serviva la città di Cornus: era alimentato da una sorgente sul lato occidentale del massiccio del Montiferru e attraversava il pianoro di Campu 'e corra, sino a raggiungere Corchinas.

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Fig. 1 - Collina di Corchinas, veduta aerea da Est (foto di Unicity S.p.A.).
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Fig. 2 - Tratto dell’acquedotto (da FANTAUZZI, DE VINCENZO 2013, p. 3, fig. 3).


I ruderi erano già noti nel XIX secolo e vennero descritti dal Generale La Marmora durante il suo viaggio nel 1821. Successivamente venne segnalato dall'Angius e dal Canonico Spano. Fu il Taramelli a descrivere minuziosamente la tecnica edilizia e le sue dimensioni ridotte, valutandole come funzionali ad una scarsa popolazione. Inoltre ipotizzò che vi fossero ulteriori condotte a servire zone differenti d’abitato e le aree limitrofe. Con tutta probabilità, doveva rifornire gli impianti termali, tra cui quello estivo menzionato in un’epigrafe rinvenuta nella basilica battesimale di Columbaris, datata alla seconda metà del IV secolo d.C., al tempo degli imperatori Graziano, Valentiniano e Teodosio.

L’acquedotto cornuense doveva essere costituito da un muro continuo dallo spessore di m 1,3, che esternamente mostrava un paramento in opera mista a fasce (opus vittatum mixtum) ed al suo interno era il nucleo in opera cementizia. Il canale (specus) era caratterizzato da sezione rettangolare con ampiezza di cm 22, alto cm 30 e rivestito di cocciopesto e malta di calce.

L’esistenza di acquedotti di Età Romana è documentata anche in numerosi centri abitati isolani: queste opere d’ingegneria apparivano come le più complesse in quanto dovevano collegare aree molto distanti e, allo stesso tempo, creare un percorso per il canale che tenesse conto della conformazione del terreno (fig. 3): lo specus poteva essere scavato in trincea o in galleria (fig. 4), a diretto contatto con il suolo oppure sorretto su arcate o su un muro continuo. Lungo il tracciato erano presenti alcune vasche di decantazione, dette piscinae limariae, funzionali alla depurazione delle acque, le quali venivano convogliate verso i serbatoi di distribuzione primari, i castella aquarum, ubicati in area suburbana (come a Cagliari), o urbana (Tharros - fig. 5, Nora e forse Neapolis).

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Fig. 3 - Ricostruzione di un cantiere per l’edificazione di un acquedotto (da http://www.fazzinimercantini.it/fazzini/vitruvio_2004/vitruvio/acquedotti.htm).
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Fig. 4 - Elmas: tratto sotterraneo dell’acquedotto Cabudacquas-Cagliari (da http://www.monumentiaperti.com/it/default/3816/L-acquedotto-romano-Cabudaquas-Cagliari-il-tratto-di-Elmas-e-Azienda-Agraria-dell-I-S-S-Agrario-I-S-S-Agrario-Duca-degli-Abruzzi-.html)
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Fig. 5 - Tharros, castellum aquae: foto e planimetria (da ACQUARO, FINZI 1999, p. 45, fig. 26).


I tratti degli acquedotti non dovevano mai riscontrare punti in cui l’acqua potesse stagnare, tanto meno essere caratterizzati da forti pendenze che avrebbero consentito all’acqua di erodere il suo stesso canale: per colmare le differenze di quota erano utilizzati uno (Tharros - figg. 6-7) o più livelli di arcate (cfr. figg. 8-9).

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Fig. 6 - Assonometria dell’acquedotto di Tharros (da http://www.francescocorni.com/disegni.php?s_=&disegniOrder=Sorter_citta&disegniDir=DESC&s_regione=Sardegna).
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Fig. 7 - Sezione delle arcate dell’acquedotto di Tharros (da NIEDDU 2011, p. 644, fig. 14.8).
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Fig. 8 - Nerja, Spagna: acquedotto a quattro livelli di arcate (da http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/2a/2007-12-17-04583_Spain_Nerja_Aqueduct.jpg).
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Fig. 9 - Segovia, Spagna: acquedotto a due livelli di arcate, I-II sec. d.C. circa (da http://www.architettiroma.it/monitor/d/didatticaurbana/gli_acquedotti_fuori_dall_italia.html).





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