Caratteristiche generali delle necropoli fenicio-puniche
I Fenici seppellivano i loro morti sempre a una certa distanza dall’abitato e le loro necropoli non erano mai particolarmente monumentali, almeno a giudicare dalle testimonianze materiali finora note. Si conosce l’uso di pietre tombali (chiamati "sema", dal greco “segno”) in alcune necropoli del mondo fenicio d’Occidente. Nel caso di Sant’Antioco sappiamo di due betili, cioè pietre simboleggianti la divinità, rinvenuti all’interno della tomba n. 12 (figg. 1-2).
I Fenici mantenevano sempre una certa distanza tra il centro abitato e la necropoli; in Sardegna, a Nora, sito peninsulare, la distanza tra abitato e necropoli è di 500 metri circa e a volte si contava più di una necropoli per lo stesso centro abitato, come accadeva a Tharros, che ne aveva due, una sul Capo San Marco verso il mare all’estremità della penisola, l’altra verso l’entroterra, a San Giovanni di Sinis, sotto l’insediamento moderno (fig. 3).
La scelta di due aree extraurbane per insediarvi le necropoli è documentabile anche a Cagliari. La città infatti contava su due luoghi di sepoltura, uno a Occidente e l’altro ad Oriente del nucleo urbano: la necropoli occidentale è quella del colle di Tuvixeddu (“i piccoli fori”) in cui predomina la tipologia a camera sotterranea con ingresso a pozzo verticale, in uso dal VI al III-II sec. a.C. (fig. 4) mentre la necropoli orientale è ancora parzialmente visibile sul colle di Bonaria.
Soltanto Sulky documenta in modo inequivocabile la presenza di tombe all’interno della cinta urbana; in un caso come questo è possibile supporre che l’originaria necropoli sorgesse all’epoca in una zona periferica e che poi il centro urbano ne abbia inglobato una parte per motivi dovuti alla sua espansione.
Una caratteristica delle necropoli fenicie e puniche è la mancanza (almeno apparente) di un orientamento particolare dei sepolcri; le tombe vengono riutilizzate più volte e non sembrano esser state costruite seguendo una pianificazione (fig. 5).
Le principali tipologie di tombe fenicie, pur con notevoli varianti, si rifanno a quelle in uso nell’area siro-palestinese già a partire dall’Età del Bronzo (3000-1200 a.C.). Le sepolture sono per la maggior parte delle volte individuali, tuttavia, in Oriente come in Occidente alcune grandi tombe hanno accolto, con il passare del tempo, numerosi corpi: probabilmente queste ultime erano delle “tombe di famiglia”.
In generale, si possono dunque distinguere almeno cinque tipologie di tombe:
a - anfratto naturale nella roccia, che poteva essere eventualmente allargato, in cui si poteva inumare (con o senza deposizione in anfora, sepoltura riservata ai bambini, cosiddetta a enchytrismòs); in caso di rituale ad incinerazione le ossa combuste potevano essere poggiate direttamente sulla nuda roccia, disposte in una tomba o vaschetta in pietra costruita appositamente, oppure inserite all’interno di un’urna (fig. 6);
b - sepoltura a pozzo verticale, stretto, profondo, spesso ampliato alla base, con camera destinata al defunto, scavata lateralmente al pozzo stesso e che poteva essere utilizzata anche per gli incinerati (fig. 7);
c - fossa rettangolare che contiene usualmente una sola salma. Questa tipologia è stata utilizzata sia per inumazioni che per incinerazioni (fig. 8). Per le inumazioni sono state utilizzate diverse tecniche: il defunto poteva essere deposto semplicemente nella fossa che poi veniva chiusa con lastroni di pietra; i lastroni potevano essere utilizzati anche per tappezzare l’interno della fossa, all’interno della quale, in alternativa, poteva essere interrato un sarcofago;
d - tomba scavata nella roccia, con camera quadrangolare irregolare, talora divisa da un tramezzo, o sostenuta da un pilastro “libero” con ingresso sotterraneo a dròmos, cioè a corridoio con gradini che conducono a un pianerottolo e all’ingresso della camera funeraria (questi ultimi due casi sono i più comuni a Sant’Antioco) (fig. 9);
e - tomba costruita. Questa è l’unica tipologia di tomba che rientri nel campo dell’architettura. Si tratta di tombe che sono costruite con grossi blocchi squadrati sotto terra, a una profondità variabile e hanno forma di parallelepipedo: vi si accede tramite una porta ricavata sul lato breve. L’accesso avviene più spesso tramite pozzo verticale che tramite dròmos. Esempi di questo tipo di tomba si trovano anche in Sardegna, ad Othoca (Santa Giusta, OR) (fig. 10).
Bibliografia
- M.G. AMADASI GUZZO, C. BONNET, S.M. CECCHINI, P. XELLA (a cura di), Dizionario della civiltà fenicia, Roma 1992.
- E. ACQUARO, A. MEZZOLANI, Tharros, Roma 1996.
- P. BARTOLONI, I Fenici e i Cartaginesi in Sardegna, Sassari 2009.
- P. BERNARDINI. Aspetti dell’artigianato funerario punico di Sulky. Nuove evidenze, in M. MILANESE, P. RUGGERI, C. VISMARA (a cura di), Atti del XVIII Convegno Africa Romana (Olbia, 11-14 dicembre 2008), Roma 2010, pp. 1257-1270.
- M. GRAS, P. ROUILLARD, J. TEIXIDOR, L’Universe phénicienne, Paris 1995.
- S. MOSCATI, Il mondo punico, Torino 1980.