Schede di dettaglio

Sant’Antioco in Età Romana

Nel 238 a.C. la Sardegna passa dal dominio cartaginese a quello romano. Nonostante ciò, restano evidenti tracce del perdurare dei costumi fenici e punici profondamente radicati in Sardegna dopo quasi tre secoli. Si tratta di una vera e propria continuità culturale fra il periodo punico e quello romano repubblicano, tanto che l’epoca della prima romanizzazione è stata definita anche punico-romana, proprio per questo suo carattere ibrido.
L’utilizzo della lingua e della scrittura punica permangono per un tempo piuttosto lungo in epoca romana, anche nei documenti ufficiali: tra questi, un esempio interessante è l’iscrizione in caratteri punici rinvenuta a Bithia all’interno del tempio di Bes, databile tra la fine del II sec. d.C. e i primi anni del III sec. d.C., la quale testimonia la persistenza di cariche amministrative di origine punica, come quella dei sufeti (fig. 1-2). Anche a Sant’Antioco è testimoniato l’uso della lingua punica in iscrizioni bilingui, anche monumentali (fig. 3).

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Fig. 1 - Iscrizione di Bithia (da AMADASI GUZZO 1967, n. Npu 8)
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Fig. 2 - Una moneta proveniente da Cagliari su cui sono raffigurati i due sufeti del 40 o del 38 a.C. Aristo e Mutumbal Ricoce, forse gli ultimi due sufeti di Karales e, sul retro, il templum Veneris (da http://www.wildwinds.com/coins/greece/sardinia/caralis/RPC_624.jpg).
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Fig. 3 - Iscrizione bilingue latino-punico conservata presso il Museo Archeologico Comunale “F. Barreca” (foto di M. Murgia).

Il passaggio dal dominio cartaginese a quello romano, infatti, non comportò la perdita di elementi culturali radicati ormai da secoli, mentre i Romani, dal canto loro, erano soliti integrarsi con le popolazioni conquistate rispettandone la lingua, gli usi ed i costumi.
A Sulky le tombe puniche a camera mostrano di essere state utilizzate senza soluzione di continuità ancora per circa due secoli; il tofet è attivo ancora in Età Repubblicana (fig. 4).

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Fig. 4 - Particolare delle sepolture del tofet di S’Antioco, con un betilo (foto di Unicity S.p.A.).

Durante questo periodo, Sulky è presente nei giochi di potere della contesa tra Pompeo e Cesare, schierandosi col primo. Questa scelta le costerà una gravosa multa da parte di Cesare.
La città fu in seguito capace di risorgere a nuovo splendore, tornando a rappresentare un importante centro per il commercio dei metalli estratti dal ricco bacino minerario dell’Iglesiente: questa attività le valse il nome di Insula Plumbea (“Isola di piombo”). L’inserimento della Sardegna nella sfera economica romana, in epoca repubblicana, portò anche a un’importazione di manufatti, soprattutto ceramici, che pervenivano in Sardegna come contenitori di vino etrusco e campano, tra cui le anfore (fig. 5). Insieme al vino e alle anfore giungono a Sulky anche ceramiche a vernice nera campane, etrusche e centro-italiche.

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Fig. 5 - Anfora di tipo Dressel I (da http://mostre.museogalileo.it/images/vin/oggetti_944/VI.5_ph.PioFoglia%20Anfora%20inv.77664_944.jpg).

Durante l’Età Imperiale, sotto Claudio, la città beneficiò dell’innalzamento al rango di municipium e conobbe fino al II sec. d.C. una prosperità notevole dovuta anche alla fitta rete di traffici commerciali che la collegavano soprattutto all’ambiente nord-africano, vincolo espresso anche dalla vicenda di Sant’Antioco, Protomartire, Santo Patrono della Sardegna che, originario della Numidia e medico di professione, fu esiliato e morì nella città che da lui prese il nome. Dal punto di vista dei manufatti, il periodo imperiale è caratterizzato da alcuni tipi di anfore e da una notevole quantità di oggetti di uso comune prodotte nelle province romane del Nord Africa: vasellame di varia tipologia, presente sia nei corredi tombali che in contesti abitativi.
Nell’area urbana, sempre dal II sec. a.C., è attestata anche la presenza, evidenziata da sepolture con iscrizioni e simboli ebraici, di un nucleo di abitanti di origine ebraica, i quali furono forse tra quelli che parteciparono alla rivolta ebraica avvenuta alla fine del II sec. d.C. (fig. 6).

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Fig. 6 - Decorazione di un arcosolio ebraico (da BARTOLONI 1989, fig. 44).

 

Bibliografia

  • M.G. AMADASI GUZZO, Le iscrizioni fenicie e puniche delle colonie in Occidente, Roma 1967.
  • P. BARTOLONI, Sulcis, Roma 1989.
  • P. BARTOLONI, Il museo archeologico comunale “F. Barreca” di Sant’Antioco, Sassari 2007.
  • G. PESCE, Sardegna Punica,(a cura di R. Zucca), Nuoro 2000.
  • C. TRONCHETTI, S. Antioco, Sassari 1989.
  • C. TRONCHETTI, Le problematiche del territorio del Sulcis in età romana, in V. Santoni (a cura di), Oristano 1995, pp. 265-275.

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