Fermatrecce in oro
Presso la necropoli di Sulky sono stati rinvenuti dei gioielli in oro e metallo di diversa foggia.
Tra essi una tipologia ampiamente documentata è quella dei cosiddetti fermatrecce o anelli crinali, con il corpo costituito da una lamina tubolare in oro, nella maggior parte dei casi con anima in bronzo: si tratta di anelli con le estremità assottigliate e avvolte in modo da formare una sorta di molla che poteva essere aperta e chiusa a piacere attorno all'estremità della treccia.
Gli esemplari più noti sono spesso lisci, senza particolari decorazioni (figg. 1-2), mentre altri esemplari presentano caratteristiche diverse: alcuni infatti possono presentare un’estremità conformata a testa di cigno (e forse di altri animali ma non lo si può dire con certezza, fig. 3), altri ancora delle decorazioni a filigrana e granulazione (fig. 4) oppure a intreccio come nel caso di uno degli esemplari rinvenuti a Sulky (fig. 5).
I gioielli rappresentano una della espressioni più caratteristiche dell’artigianato fenicio-punico e sono senza dubbio un punto di forza del commercio di Fenici e Cartaginesi.
In Sardegna la documentazione di Tharros appare finora quella più ampia e più rilevante per qualità e quantità nell’ambito dei gioielli come degli altri athyrmata.
Ma a cosa servivano i fermatrecce? Come suggerisce il nome stesso, erano utilizzati per fermare i capelli nell’acconciatura desiderata. Essi abbellivano le chiome ed erano anche segni di appartenenza a famiglie con grandi disponibilità economica. La funzione apotropaica, tipica di altri gioielli, non sembra invece caratterizzare gli anelli crinali, che con ogni probabilità avevano una semplice funzione di ornamento.
Bibliografia
- P. BARTOLONI, Il museo archeologico comunale “F. Barreca” di Sant’Antioco, Sassari 2007.
- G. PISANO, I gioielli, in Aa. Vv., I Fenici, Milano 1989, pp. 370-393.
- G. QUATTROCCHI PISANO, I gioielli fenici di Tharros nel Museo Nazionale di Cagliari, Roma 1974.