Schede di dettaglio

Rito del refrigerium

Il termine refrigerium deriva dal verbo refrigerare ovvero rinfrescare nel senso del sollievo derivato da un pasto, ma anche di quiete e riposo. Da ciò prende il nome il pasto funebre, attestato dal IV al VII secolo d.C. e individuato come rituale già praticato nella religiosità pagana, poi fatto proprio da quella cristiana dei primi secoli (cfr. fig. 1).

 

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Fig. 1 - Timgad, mensa decorata con gli utensili e il cibo per il pasto rituale (da GIUNTELLA et al. 1985, p. 39, fig. 37).

 

Il primo banchetto celebrato in onore di un defunto, veniva svolto subito dopo il suo seppellimento e poi al terzo, settimo, nono giorno, ancora al trentesimo o quarantesimo e infine a cadenza annuale nel giorno della morte (dies natalis). Ad esso partecipavano i parenti e gli amici del defunto e si svolgeva presso la tomba o sulla stessa, in quanto lo scopo dell’incontro era quello di ricordare la persona scomparsa che, nella credenza comune, era presente al convito. Da ultimo, la parola refrigerium andò a indicare l’augurio della beatitudine eterna all’anima del defunto e del godimento al suo corpo, espresso nelle epigrafi e nelle pitture funerarie (figg. 2-4).

 

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Fig. 2 - Roma, Catacomba dei SS. Marcellino e Pietro: scena di banchetto (da http://letterepaoline.net/2013/05/08/matrimonio-e-missione/).

 

Oltre al banchetto destinato ai vivi, era uso comune l’introduzione all’interno della sepoltura di alimenti come latte, miele e vino insieme ad unguenti profumati, che costituivano la libagione: la sepoltura veniva dotata di fori dove venivano inseriti tubi libatori fittili o metallici da cui colavano le sostanze (fig. 3). Nel cimitero cornuense uno di questi tubi fu rinvenuto nella tomba di Limenius.

 

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Fig. 3 - Roma, Basilica di San Sebastiano: sarcofago di Lot (II metà IV secolo d.C.) e il corrispondente tubo libatorio (da http://www.archeo.it/mediagallery/fotogallery/1500; da BISCONTI, FIOCCHI NICOLAI 2000, p. 71).

Le autorità religiose cercarono di ostacolare lo svolgimento del rituale, a causa delle degenerazioni raggiunte alla fine dei pasti, che si trasformavano in veri e propri bagordi.

I banchetti sono attestati in catacombe e aree cimiteriali subdiali attraverso strutture funzionali al rito, quali cattedre, klinai e mense in muratura o risparmiate nella roccia: le cattedre erano il simbolo della presenza del defunto al refrigerio in suo onore; le klinai sono dei sedili o letti ricavati dalle lastre di copertura di alcune tombe a sarcofago, utilizzate dai convitati.

Le mense servivano un gruppo di sepolture: erano di varie forme - circolare, semicircolare, quadrata, rettangolare - sono caratterizzate talvolta da un'iscrizione (fig. 4) o una decorazione a rilievo e talvolta erano dotate di piccole cavità per le offerte. Esse provano lo svolgimento dei pasti rituali, infatti, nei loro pressi sono stati rinvenuti resti di pasto, recipienti fìttili e vitrei in frammenti e i carboni dei fuochi accesi per l’occorrenza.

 

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Fig. 4 - Epitafio del cristiano Karissimus inciso su una mensa circolare per il banchetto funerario (refrigerium), (da CORDA 2007 p. 55); esposizione all’Antiquarium Arborense (foto di C. Cocco).

In Sardegna le mense sono variamente attestate ad esempio a Sant’Imbenia (Alghero), Santa Filitica (Sorso), necropoli Su Gutturu (Olbia), Porto Torres, S. Saturnino (Cagliari), San Cromazio (Villa Speciosa) e Columbaris (Cuglieri - figg. 5-6).

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Fig. 5 - Ricostruzione del tumulo quadrangolare con mensa (GIUNTELLA et al. 1985, p. 25, fig. 17).
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Fig. 5 - Tumulo quadrangolare con mensa (da GIUNTELLA et al. 1985, tav. IV).



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